Il vento non chiede mai il permesso
Romanzo di Andrea Bonfanti
Il Romanzo ambientato in Irlanda di Andrea Bonfanti
Un intreccio di anime e destini, una storia che si svela lentamente, tra parole non dette e silenzi che parlano più di mille frasi. In questo racconto, l’Irlanda è uno sfondo presente, un personaggio vibrante e pulsante, che vive e respira attraverso le sue terre e i suoi cieli.
Le piogge sottili, i cieli cangianti avvolgono ogni pagina, creando un’atmosfera unica. Dai viali alberati di St. Stephen’s Green a Dublino, dove il fruscio delle foglie accompagna i pensieri, ai pub affollati e pieni di musica di Galway fino a un antico cimitero tra le nebbie di Ennis. Ogni, forse, custodisce un segreto, nei frammenti di vita dei protagonisti. Alex e Saoirse sono giovani che si affacciano alla vita, insieme. Albert invece, è un professore che forse deve ancora imparare qualcosa.

“E secondo te, Albert… secondo te la Morte dovrebbe fermarsi? Fermarsi proprio qui, davanti a questa tomba? E dovrebbe fermarsi perché tu le hai scritto una lettera?” Poi un pensiero serio, polemico, gli balenò in testa: “Però di notte viene a sedersi proprio sul mio, di letto” Un brivido lo attraversò, ma non era certo il freddo. Era qualcosa più vicino alla vergogna.
“Ma non essere ridicolo,” si disse di nuovo nella mente, più forte, più secco.
E subito dopo, in un angolo più umile del suo cuore: “…eppure ci hai sperato davvero.” In quel preciso istante, una voce alle sue spalle lo colse di sorpresa, netta, improvvisa, vicina. Albert sobbalzò con un guizzo nel petto, come un nodo che si stringe tutto d’un colpo, e fu un attimo lunghissimo. Uno di quei momenti che sembrano durare una vita intera, ma che non contano più di un battito cardiaco. Albert pensò, con la rapidità bruciante dei pensieri che non hanno bisogno di parole, che la Morte fosse lì alle sue spalle, in piedi, con il volto coperto che lo fissava in silenzio. E che ora, finalmente, parlava… magari per spaventarlo, e ci era riuscita benissimo, proprio come da una professionista qual era, almeno in quel campo.
O forse per qualcosa di peggio, magari per “fare i conti”. Qui. Ora. In quel cimitero dove il silenzio aveva da tempo imparato ad ascoltare, perché d’altronde, quella che le aveva scritto, non era certo una lettera di lodi, non era una richiesta di pace. Era un’accusa, un grido, un pugno chiuso recapitato senza indirizzo…
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