Guerra, pace e Brexit.
Il lungo viaggio dell’Irlanda
di Riccardo Michelucci
Prefazione di
Enrico Terrinoni
Uno dei personaggi irlandesi più interessanti del secolo passato, lo scrittore e volontario dell’IRA Brendan Behan (ma fu tante altre cose, un imbianchino, un comunista, un alcolista) rivolse questa domanda, una volta, al fratello stanilista: “Dimmi una cosa, ma quando riusciremo a prenderci il Nord, che ce ne facciamo poi di tutti quei cavoli di cattolici?”
L’aneddoto, provocatorio, lo troviamo in uno dei suoi libri registrati, ovvero composti quando le sue condizioni fisiche non gli consentivano più di scrivere e doveva fidarsi soltanto del suo eloquio (e della sua memoria). mi pare riveli molto di quale sia l’anima segreta del conflitto in Nord Irlanda, anima che il libro che avete tra le mani scandaglia fin nel profondo.
Non a caso, Michelucci è uno dei traduttori italiani di Behan; e non a caso, è l’autore di uno dei libri che consiglio più spesso agli studenti o a chiunque voglia addentrarsi nella varia storia d’Irlanda: Storia del conflitto anglo-irlandese.
Ma torniamo per un secondo a Behan e a quella sua battuta memorabile, e facciamolo considerando
1) che Brendan era di famiglia cattolica, nonostante si definisse un “ateo diurno”, ossia miscredente di giorno ma “cattolico non appena si fa buoi”, e
2) che l’esercito repubblicano irlandese (l’IRA) di cui fece parte, e per cui scontò diversi anni di galera sia in Inghilterra che in irlanda, è comunemente associato proprio ai cattolici.
associazione indebita, scorretta, facilmente falsificabile. E a falsificarla, in Italia, negli anni e in tanti suoi scritti, ci ha pensato proprio Michelucci, spiegandoci bene che la religione col conflitto irlandese a pochissimo a che fare. E’ una sorta di specchoietto per le allodole, una comoda semplificazione giornalistica. Vera forse un tempo, agli albori del conflitto e per qualche secolo dopo (diciamo tra il XIII e il XVIII secolo), ma non più rappresentativa dei suoi sviluppi odierni, e neanche di quelli che prendiamo per essere alla base dell’ideologia repubblicana odierna.
Basti pensare che l’IRA stessa…
Introduzione
Ho sempre considerato l’Irlanda come un’entità unica, indivisibile, quasi come se non fosse mai esistita una frontiera che la divideva in due parti.
Forse sarà perchè quando ho cominciato a visitarla, alla metà degli anni Novanta, il processo di pace era ormai nella sua fase conclusiva e i checkpoint militari, la sorveglianza elettronica e i posti di blocco nelle località di confine erano stati quasi tutti rimossi.
C’erano però ancora le gigantesche caserme, più simili a fortezze che a semplici stazioni di polizia. C’era ancora quella sensazione palpabile di paura e di incertezza che caratterizza i luoghi feriti, in cui le persone sentono le proprie vite appese a un filo sottile che rischia di spezzarsi in qualsiasi momento.
Sono passati quasi trent’anni da quando ci misi piede per la prima volta e da allora non sono mai riuscito a scrollarmela di dosso.
Erano gli anni decisivi che sarebbero sfociati in un percorso di pacificazione che ha vissuto numerose crisi e altrettante battute d’arresto, eppure mai è venuta meno la consapevolezza che quel conflitto all’apparenza interminabile fosse invece finito davvero, grazie alla faticosa diplomazia del compromesso. Da allora le…
Riccardo Michelucci
Biografia:
Laureato con lode alla facoltà di scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze, ha studiato politica e cultura dell’Irlanda all’University College di Dublino con una borsa di studio del governo irlandese. Ha iniziato la carriera di giornalista collaborando con “Diario”, “L’Unità” e con il mensile “Storia & Dossier”. Nel 2001 è entrato nella redazione di Controradio, emittente fiorentina del network di Radio Popolare di Milano, dov’è rimasto per sei anni. Attualmente scrive per “Avvenire” occupandosi in particolare di cultura (letteratura, storia, memoria) e politica estera (Balcani, Irlanda, Ucraina, pacifismo). Collabora regolarmente con il mensile “Focus Storia” e dal 2013 è uno degli autori e dei conduttori della trasmissione Wikiradio di Rai Radio 3. Autore di reportage culturali e politici per la Radio Svizzera Italiana, dal 2018 ha iniziato a dedicarsi anche alla fotografia: suoi scatti sono stati pubblicati, tra gli altri, su “il Venerdì di Repubblica” e su “Avvenire”.
Esperto di politica e cultura dell’Irlanda, nel 2009 ha dato alle stampe il suo primo libro, Storia del conflitto anglo-irlandese, definito il “libro nero” del colonialismo inglese in Irlanda. Il volume ha avuto numerose ristampe e nel 2017 è uscita una nuova edizione aggiornata. Ha seguito in particolare la memoria e le conseguenze dei Troubles dell’Irlanda del Nord, di cui è considerato uno dei principali esperti in Italia, approfondendo in particolare la figura del rivoluzionario irlandese Bobby Sands. Ha inoltre tradotto e curato testi letterari di autori irlandesi classici e contemporanei, tra cui i primi due romanzi di Paul Lynch, vincitore del Booker Prize nel 2023.
Nel 2005 ha ricevuto la menzione speciale del Premio giornalistico Gabriele Capelli indetto dall’Associazione Stampa Toscana e nel 2011 ha vinto il premio letterario Firenze per le culture di pace, dedicato a Tiziano Terzani con il racconto inedito “Non voleva salvare il mondo, ma solo le persone. Storia di Marla Ruzicka (1976-2005)”.
Nel 2023, con l’articolo dal titolo “A Sarajevo il museo dell’infanzia ferita” si è classificato terzo all’XI premio giornalistico nazionale Angelo Maria Palmieri.
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